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Immagine del redattoreSilvio Mancinelli

Stefano Lentini - Fury


Gli ultimi anni della musica hanno un comune denominatore: l'assenza di barriere musicali di genere. Anche in Italia c'è che si cimenta nel portare il “classico” nel mondo del rock. Esempio lampante di quello che sto dicendo è sicuramente Stefano Lentini con il suo “Fury”. Il compositore romano è noto per le sue collaborazioni con registi come Wong Kar – Wai, Giacomo Campiotti e Carmine Elia, e con questo nuovo album, che uscirà il prossimo novembre, cerca di far vivere in maniera alternativa la musica classica. Un lavoro di gran fattura per un disco che, nella cover, si presenta vagamente rock, ma nella divisione dei brani è essenzialmente classico. La sintesi del disco la fa lo stesso autore con questa frase: “Io mescolo le carte, vivo con lo stesso spirito l'heavy metal e la musica sinfonica”. Tranne “ Les fleurs du mal”, “Fury” è un lavoro strumentale nel quale magari uno strumento a fiato sostituisce l'asolo di chitarra elettrica in un brano classico progressivo (“Fury”), ed è un disco che non va confuso con il genere di neo classici svedesi o statunitensi nel quale il piano rimane ancorato ad un determinato genere. Per certi verso è un disco psichedelico alla Pink Floyd. Allevi dovrebbe imparare da lui.

La tracklist

  1. r73

  2. Suite after the furies

  3. Les fleurs du mal

  4. Unaided eye

  5. Fury

  6. You must respect the sea

  7. Adagio

  8. Ouverture II

  9. Introitus

  10. Shon on, darkness

  11. Stabat Mater- concert for violin and string orchestra

  12. White fish black fish

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