Saro' di parte, ma almeno saro' sincero: Carmelo Amenta è sempre stato uno dei miei preferiti. Lo seguo dai tempi di “L'erba cattiva” ed ora ci ritroviamo alla quarto prova per il cantante siciliano con “L'arte dell'autodistruzione”. Questa nuova prova dice molto di Amenta. Un disco abbastanza intimo che si avvale della produzione artistica di Carlo Barbagallo. Potrei comparare questo disco con quelli di Beck tra “Sea change” e “Morning phase”, con una differenza: Amenta parla della fine di una relazione, Beck non ne parla ma ce la fa sentire. “L'arte dell'autodistruzione” ha una onda dark wave, alle volte sembra ispirarsi ai suoni bucolici anche dei Marlene (“Nessuna traccia”) e prevede anche una cover cioè “Tu menti” in versione garage. Un disco della sconfitta per il quale alle volte è meglio rimanere per terra che rialzarsi. Un album, che dicevamo, è molto intimista, accompagnato da un tappeto elettronico, e questo pone l'artista in una via di mezzo tra il classico cantautore e qualcosa di più. La ritmata canzone che dà il nome al disco “muove” il senso di tutto l'album. Amenta ha questa dote straordinaria: essere un cantautore maturo senza essere banale, e in questa inflazione di singer con la chitarra acustica è un compito difficile. Una bella conferma.
La tracklist
Il tempo di andare
Come quando fuori piove
Cigolano tutte le porte
Ho messo da parte del tempo da perdere
L'uomo delle caramelle
I tuoi capelli lisci sono diventati ricci
L'ultima volta che ti ho guardata dormire
L'arte dell'autodistruzione
Nessuna traccia
le stesse immagini
Tu menti